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Tar, gli svantaggi del ricorso collettivo

IL PROCESSO
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Tar e ricorso collettivo: non sempre un binomio vincente. A volte i ricorsi collettivi non sono un buon affare. Ci sono situazioni in cui il ricorso collettivo è controindicato. In questo articolo esporremo in maniera sintetica i pro e i contro del ricorso collettivo, strumento utile ma anche molto insidioso. Con un avvertimento: internet può dare uno spunto di riflessione su una questione giuridica, ma non la soluzione. Pertanto, di fronte a una controversia giuridica, è indispensabile rivolgersi a uno studio legale.

IL RICORSO COLLETTIVO

La diffusione dei social network, la moltiplicazione dei mega-concorsi e gli elevati costi per la proposizione di un ricorso amministrativo hanno favorito, in questi ultimi anni, la proliferazione di ricorsi collettivi. A volte questi ricorsi sono molto utili, altre volte sono dannosi.

Che cosa è un ricorso collettivo? Come indica la stessa parola, è un ricorso con più ricorrenti. Il ricorso collettivo, detto anche “cumulativo soggettivo”, è un ricorso in cui viene proposta (cumulata) la stessa domanda, proveniente da soggetti distinti. In parole povere, tutti i ricorrenti chiedono al Giudice la stessa cosa (per esempio, annullamento di una graduatoria) ma ognuno lo chiede in relazione alla propria posizione soggettiva.

Dal ricorso collettivo si  distingue il ricorso cumulativo, detto anche “cumulativo oggettivo”, che è il ricorso in cui lo stesso ricorrente propone al giudice più domande relative a più provvedimenti connessi (per esempio, chiede di annullare la revoca del permesso di costruire e l’ordinanza di demolizione) oppure di esercitare più azioni giudiziali (annullare un provvedimento e condannare la P.A. al risarcimento del danno; oppure accertare il silenzio della P.A. e condannarla ad emettere un determinato provvedimento).

Per tornare al ricorso collettivo (o “cumulativo soggettivo”), è evidente che nella normalità dei casi vi è un solo ricorrente per un solo ricorso (una persona fisica, un’impresa, un’amministrazione…) ma che in altri casi i ricorrenti possono essere un numero maggiore: due, dieci, cento, duemila... Questo capita, in pratica, perché a volte uno stesso provvedimento della P.A. (o uno stesso comportamento) lede i diritti di più soggetti, per cui più soggetti decidono di ricorrere “insieme”. Immaginiamo, per fare un esempio, un gruppo di studenti esclusi dalla graduatoria per ottenere un sussidio economico, per lo stesso motivo. Gli esclusi potrebbero decidere di ricorrere in maniera collettiva.

 

I VANTAGGI...

I vantaggi del ricorso collettivo sono essenzialmente economici. Infatti, tramite un ricorso collettivo, è possibile ridurre i costi del contributo unificato e quelli dell’avvocato. Il ricorso collettivo dunque “costa meno”, anche perché facilita il lavoro dello studio legale: un conto è dover notificare cento ricorsi individuali, un conto è doverne notificare uno collettivo con cento ricorrenti. La scelta di presentare un ricorso collettivo è però una scelta tecnica che dovrà essere valutata dal legale (e solo da lui).

 

… E GLI SVANTAGGI

Il ricorso collettivo comporta purtroppo una serie di svantaggi. In alcuni casi esso è sconsigliabile. In altri assolutamente inammissibile. La decisione di affidarsi a un ricorso collettivo dipende dalla situazione dei singoli ricorrenti. Cominciamo col dire che il ricorso collettivo è una “eccezione” alla regola generale secondo cui il ricorso va proposto dal singolo titolare del diritto che intende ottenere un provvedimento giudiziale.

Pertanto, affinché il ricorso collettivo possa essere esaminato dal Giudice, devono sussistere due requisiti, in mancanza dei quali il ricorso sarà dichiarato inammissibile:

- identità delle situazioni dei ricorrenti;

- insussistenza di un conflitto di interessi.

Come spiegato dal Consiglio di Stato, “nel processo amministrativo il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel solo caso in cui sussistano, congiuntamente, i requisiti dell'identità di situazioni sostanziali e processuali - ossia che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi - e dell'assenza di un conflitto di interessi tra le parti. Due sono, pertanto, i requisiti di ammissibilità del ricorso: uno positivo, costituito dalla identità di posizioni sostanziali e processuali in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive; l'altro negativo, costituito dall'assenza di conflitto di interessi, anche solo potenziale, fra le parti” (Cons. St., VI, sentenza 14 giugno 2017, n. 2921).  Nel dubbio, è meglio presentare un ricorso individuale. Altrimenti l’intero ricorso (o una sua parte) potrebbe cadere sotto la scure del Giudice Amministrativo.

In particolare, si è sviluppata una giurisprudenza, specialmente ad opera del Tar Lazio, secondo la quale i ricorsi in cui si denuncia il “silenzio” della P.A. non possono essere proposti in maniera collettiva, salvo che la situazione dei singoli ricorrenti non sia assolutamente identica. Ricorsi collettivi sul silenzio, proposti da ricorrenti che chiedevano l'accertamento di un loro diritto su domande presentate in date differenti, sono stati così dichiarati “inammissibili” perché “lo scrutinio che esercita il giudice amministrativo nell’ipotesi di azione proposta ai sensi dell’art. 31 c.p.c. [silenzio della P.A., ndr] è riferito al singolo caso e ad un ben definito procedimento avviato dall’interessato, di talché nel medesimo giudizio non può essere scrutinata la posizione di altri istanti, i cui procedimenti peraltro sono caratterizzati da una temporalità procedimentale non sovrapponibile ad altri e diversi procedimenti” (Tar Lazio, Roma, sentenza 2 marzo 2015, n. 3479).

 

I RICORSI “MISTI”

Bisogna fare molta attenzione ai ricorsi “misti”: collettivi e cumulativi.

In questi caso il rischio di inammissibilità è maggiore, specie se sussiste un “problema” di litisconsorzio passivo, ossia se gli atti sono stati emanati da amministrazioni differenti. Ad esempio, il fatto che più medici decidano di impugnare uno stesso concorso di medicina generale, avendo però svolto il test in regioni differenti, crea una situazione di potenziale inammissibilità (si veda Cons. St., II, parere 3 gennaio 2018, n. 43: “Questa Sezione ritiene il ricorso inammissibile perché trattasi di ricorso ad un tempo collettivo e cumulativo ma con litisconsorzio passivo plurimo. Se infatti può ammettersi un ricorso collettivo allorquando le posizioni dei ricorrenti siano omogenee e non siano in conflitto tra essi, ricorso proposto avverso il medesimo atto adottato da un’unica amministrazione, non può ammettersi un ricorso (perché non legislativamente previsto) cumulativo tra atti che, sebbene simili, siano adottati da una pluralità di amministrazioni”).

Lo stesso capita, in base alla più recente giurisprudenza, se un gruppo di docenti decide di impugnare in maniera collettiva la propria esclusione alle differenti classi di concorso di una medesima prova (Cons. St., VI, ordinanza cautelare 11 dicembre 2017, n. 5338: l’appello è respinto “considerato che […] gli appellanti pretendono l’inserimento nelle graduatorie citate sulla base di titoli diversi per classi di concorso diverse; che, pertanto, nella specie, mancano sia il requisito positivo, per l’assenza di identità di situazioni sostanziali e processuali, sia il requisito negativo, per la presenza di situazioni conflittuali in quanto ciascuno ha un interesse contrario all’inserimento nella graduatoria degli appellanti in possesso di altri titoli diversi dal proprio; che, nonostante alcune pregresse oscillazioni nella giurisprudenza di questa Sezione, a tale più rigoroso orientamento il Collegio ritiene di doversi conformare, per l’effetto considerando ammissibile il ricorso collettivo – negli ambiti di materie di cui qui trattasi – unicamente allorché esso sia proposto da soggetti che siano tutti in possesso del medesimo titolo, esclusivamente in base al quale richiedano l’inserimento in una specifica graduatoria”).

Il ricorso collettivo determina quindi un problema serio: è difficile introdurre motivi “ad hoc” sul singolo ricorrente, specialmente se il “motivo di ricorso” avanzato da uno di loro crea un “conflitto di interesse” con altri ricorrenti. Si pensi al caso limite della gara d’appalto in cui occorre scegliere un solo vincitore o del concorso pubblico per la nomina di un primario: ricorsi del genere andrebbero proposti in maniera individuale.

Allo stesso modo, anche nei casi che in passato si sono prestati maggiormente al ricorso collettivo (concorso per l’accesso ai corsi di laurea a “numero chiuso”), bisogna valutare con attenzione l’opportunità di presentarlo. Se, per esempio, un ricorrente si trova in una situazione “peculiare” che lo differenzia in parte dagli altri ricorrenti, forse sarebbe meglio presentare un ricorso introduttivo, per potere introdurre anche censure “ad hoc”, inammissibili in un ricorso collettivo. Lo stesso capita se, nel corso del giudizio, vengono emanati nuovi provvedimenti e la “posizione” dei singoli ricorrenti muta. In casi del genere, il rischio di inammissibilità aumenta (si veda Tar Lazio, Roma, II bis, sentenza 17 maggio 2017, n. 5864, secondo cui il ricorso era inammissibile perché alcuni ricorrenti avevano chiesto l’annullamento della esclusione dal test di Medicina, mentre altri avevano chiesto l’annullamento dell’intera procedura, con ripetizione della medesima).

 

QUANDO Il COLLETTIVO E’ UNO “SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE”

In alcuni casi il ricorso collettivo è invece una presa in giro per il ricorrente: si tratta dei ricorsi proposti contro gli “atti a contenuto generale inscindibile”. La regola generale è che la sentenza del Giudice Amministrativo che annulla un provvedimento abbia efficacia solo “inter partes”, cioè tra le parti del processo (art. 2909 c.c.). Questo vale anche con gli atti che riguardano una pluralità di soggetti, come ad esempio le graduatorie dei concorsi. Se un soggetto impugna la graduatoria di un concorso pubblico, limitatamente alla parte in cui non gli è stato attribuito un determinato punteggio (dunque non chiede la ripetizione del concorso), gli effetti della sentenza varranno solo per quel soggetto.

Ma questa regola ha una importante eccezione per quelli che i giudici hanno definito “atti a contenuto generale inscindibile” e per gli “atti normativi”.

Se ad esempio un cittadino ottiene l’annullamento di un regolamento comunale sulle aree cimiteriali, l’annullamento verrà “per tutti”, non essendo ammissibile che un regolamento valga per alcuni ma non per altri. Lo stesso vale se si impugna una circolare della P.A. di tipo non meramente  interpretativo (le circolari meramente interpretative non possono essere impugnate). Lo stesso vale anche per la sentenza che annulla il Piano regolatore generale, a  patto che il “vizio” denunciato riguardi l’atto nel suo complesso, non solo un aspetto che riguarda il solo ricorrente.

Infatti il Consiglio di Stato ha spiegato (III, sentenza 22 luglio 2016, n. 3307) che “il principio dell’efficacia inter partes del giudicato amministrativo non trova applicazione nei confronti delle pronunce di annullamento” di atti “che hanno una pluralità di destinatari, un contenuto inscindibile e sono invalidi per un vizio che ne inficia il contenuto in modo indivisibile per i destinatari (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 13/03/2014, n. 1222; Cons. Stato Sez. IV, 18/11/2013, n. 5459; Cons. Stato Sez. III, 20/04/2012, n. 2350)”.

Dunque, di fronte ad atti a contenuto generale inscindibile, basta l’accoglimento di un ricorso individuale per beneficiare l’intera collettività. Si assiste invece, sempre più spesso, alla promozione di ricorsi collettivi su internet con cui centinaia di individui vengono indotti - associazioni dei consumatori o sindacati - ad aderire a ricorsi contro atti amministrativi generali inscindibili (ad esempio una circolare). Ciò è fuorviante perché, nei casi di atti amministrativi di questo tipo, l’effetto della sentenza riguarda tutti i cittadini.

Certe iniziative, a volte pubblicizzate a pagamento sui social media, sembrerebbero avere come scopo quello di “vendere” un servizio a soggetti che in realtà non ne hanno bisogno.

Ora, un conto è se un cittadino aderisce a un ricorso perché vuole “finanziare” una battaglia legale in cui crede, un conto è se lo fa perché è stato erroneamente indotto a credere che la sua partecipazione è indispensabile per beneficiare della sentenza di accoglimento.

 

CONCLUSIONI: UTILIZZARE I COLLETTIVI CON PARSIMONIA

L’obiettivo del ricorrente non dovrebbe essere quello di “risparmiare” sulla propria difesa. Piuttosto che spendere meno ma ridurre le possibilità di accoglimento, meglio spendere di più e aumentarle. Se un ricorrente sceglie un ricorso collettivo per problemi economici, farebbe bene a considerare che il nostro ordinamento consente di usufruire del “patrocinio a spese dello Stato”, grazie al quale gli individui con basso reddito possono ricorrere gratuitamente. I ricorsi collettivi hanno avuto (e avranno sempre) un ruolo importante nel nostro ordinamento giuridico, ma bisogna utilizzarli nei casi opportuni. Per saper quando, occorre rivolgersi al proprio amministrativista di fiducia.

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