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Odontoiatri portoghesi, Tar Lazio accoglie il nostro ricorso su "riconoscimento automatico"

RISULTATI
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Il titolo di odontoiatra conseguito in Portogallo va riconosciuto in modo "automatico" in Italia. I magistrati amministrativi annullano i provvedimenti ministeriali e accolgono integralmente la tesi degli avvocati Giuseppe Lipari del foro di Roma e Massimo Sidoti del foro di Padova. Una vittoria che rende giustizia ai ricorrenti italiani, all'Università Cespu e all'Ordine dei dentisti portoghesi.

In pratica, il Ministero della Salute non poteva contestare il percorso dei ricorrenti. Finisce così la vicenda paradossale di un gruppo di cittadini italiani penalizzati per essersi ribellati al "numero chiuso" ed aver deciso di conseguire il titolo di odontoiatra in Portogallo, nel rispetto della normativa europea sulla libera circolazione delle persone.

Non basta sapere di avere ragione, bisogna trovare un giudice che sia disposto a dartela. Oggi i ricorrenti hanno trovato quel giudice.

Non a Berlino, ma a Roma. E fortunatamente non in appello, ma in primo grado.

Una vittoria facile? Per nulla! Sono stati tre anni di battaglie, giocate non solo in Italia, ma anche in Europa.

Qual era il motivo del mancato riconoscimento? I ricorrenti hanno ultimato il percorso portoghese in meno di 5 anni, grazie al riconoscimento di alcune materie della loro laurea italiana in Igiene dentale (tutti loro erano igienisti dentali). Per il Ministero della Salute, la laurea portoghese era quindi invalida, perchè conseguita in meno di 5 anni, in violazione della direttiva 2005/36/CE, secondo cui la laurea in odontoiatra deve avere durata di almeno 5 anni.

Ragionamento non condiviso dai legali. Un conto è la durata legale del corso dui studi, un conto è il tempo impiegato dallo studente per ultimarlo. In Italia ci sono parecchi medici che hanno conseguito la laurea prima dei canonici 6 anni, grazie all'abbreviazione della carriera, dovuta al possesso di una precedente laurea in biologia o altro corso di laurea sanitario. Nessuno, in Italia, si sognerebbe di dire che questi medici non sono veri medici, solo perchè si sono laureati in anticipo. Gli studenti che si laureano prima del tempo, magari anbche grazie a una precedente carriera, meriterebbero un premio.

Il Ministero della Salute dapprima ha negato il riconoscimento dei titoli portoghesi. Successivamente - dopo le diffide e i ricorsi dello studio legale - ha deciso di riconoscerli. Ma solo previo superamento di misure compensative: un tirocinio full-time di 11 mesi o un difficile esame scritto/orale su alcune materie (in caso di mancato superamento, ripetibile solo dopo 6 mesi). Lo studio ha impugnato le misure compensative e il Tar le ha annullate: i titoli dovranno essere riconosciuti "automaticamente". Fine di una ingiustizia, con spese compensate "attesa la novità della questione". L'Amministrazione ha 60 gg. dalla notifica della sentenza per decidere se appellare al Consiglio di Stato.

 

 

LA SENTENZA DEL TAR

 

Pubblicato il 19/09/2019

N. 11138/2019 REG.PROV.COLL.

N. 11824/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11824 del 2017, proposto da
[OMISSIS], rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Lipari, Massimo Sidoti, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Faberi in Roma, via Fabio Massimo n. 60;

contro

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento del diniego di riconoscimento del titolo di odontoiatra conseguito in Portogallo

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2019 il dott. Riccardo Savoia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

Espongono i ricorrenti di aver richiesto, tra il mese di novembre 2016 e febbraio 2017, al Ministero della salute il riconoscimento del loro titolo professionale di odontoiatra (Mestrado integrado em medicina dentaria), conseguito in Portogallo al termine di un regolare percorso formativo e dopo il superamento dell’esame finale di laurea.

Il titolo dei ricorrenti, come attestato dalle Autorità portoghesi, è indicato nell’allegato V, punto 5.3.2., della direttiva 2005/36/CE. Di conseguenza esso beneficia del meccanismo del “riconoscimento automatico” (art. 21 della direttiva 2005/36/CE, recepito dal d.lgs. n. 206/07), ai sensi del quale gli Stati membri dell’Unione europea devono concederne il riconoscimento in maniera automatica e incondizionata.

Nel gennaio 2017 il Ministero della salute si rivolgeva alle competenti Autorità portoghesi attraverso il “sistema IMI” per avere una conferma che il titolo dei ricorrenti rispondesse ai requisiti formativi di cui all’art. 34 della direttiva. Le Autorità portoghesi competenti rispondevano che il percorso era regolare e che i professionisti risultavano iscritti come odontoiatri in Portogallo (doc. 7).

In data 08.02.17 il Ministero della salute scriveva nuovamente alle Autorità portoghesi e faceva presente che:

- secondo i certificati rilasciati dalle Autorità portoghesi i titoli dei ricorrenti avevano rispettato “tutte le condizioni di formazione previste dall’art. 34” della direttiva 2005/36/CE;

- le risposte fornite in data 30.01.17 attraverso il “sistema IMI” dalle Autorità portoghesi non risultavano “esaustive [né] tantomeno dirimenti i dubbi avanzati”;

-il Ministero della salute italiano riteneva opportuno conoscere “se, nel conseguire il titolo è stata riconosciuta una formazione precedente, [e] nel caso in cui sia stata riconosciuta una formazione acquisita in maniera preponderante in un paese non appartenente all’Unione europea, si chiede di sapere con quali modalità siano stati soddisfatti i requisiti minimi di formazione previsti dall’art. 34, nonché con quale modalità il possesso di tale requisiti siano stati accertati dalla Autorità competente portoghese”.

In data 08.05.17 le competenti Autorità portoghesi spiegavano che il percorso dei ricorrenti – regolarmente iscritti in Portogallo come odontoiatri – era conforme all’art. 34 della direttiva 2005/36/CE e si era svolto nel rispetto delle norme portoghesi. Le Autorità portoghesi spiegavano che, ai sensi della sentenza Tennah-Durez della Corte di giustizia (causa C-110/01), la formazione professionale di un professionista può essere svolta in maniera preponderante anche in uno Stato terzo. Inoltre, ai sensi della detta sentenza, ai fini del riconoscimento reciproco dei diplomi le Autorità dello Stato membro di stabilimento sono vincolate dai certificati emessi dalle Autorità dello Stato membro d’origine (doc. 8).

Le Autorità portoghesi informavano che avrebbero denunciato l’accaduto a Solvit Portogallo (Solvit è un servizio gratuito fornito dall’amministrazione nazionale di ogni paese dell’UE che ha lo scopo di intervenire nel caso di violazione del diritto comunitario da parte di un altro Stato membro).

E in effetti, il 27.07.17, Solvit Italia informava il Ministero della salute italiano che Solvit Portogallo aveva aperto sei casi contro l’Italia per violazione del diritto comunitario (doc. 6).

In estrema sintesi, l’Ordine dei medici dentisti spiegava che tutti i cittadini italiani erano regolarmente iscritti all’albo portoghese, che la loro laurea era quella indicata nell’allegato 5.3.2 della direttiva e, infine, che era stata rilasciata da una Università portoghese regolarmente riconosciuta, nel rispetto della normativa portoghese.

Nel frattempo, vista l’empasse in cui si trovavano, i ricorrenti si rivolgevano al Tar Lazio impugnando il silenzio-inadempimento, limitatamente all’obbligo dell’Amministrazione di emettere un provvedimento espresso.

In data 04.10.17, ossia successivamente al deposito dei suddetti ricorsi, il Ministero della salute emanava un “diniego espresso” di riconoscimento, identico per tutti i ricorrenti, in cui sostanzialmente comunicava di non voler applicare l’art. 21 della direttiva 2005/36/CE che prevede il “riconoscimento automatico” del titolo, ma l’art. 10 che prevede il riconoscimento di un titolo subordinato al superamento di misure compensative (prova attitudinale o tirocinio di adattamento).

A sostegno di tale condotta, il Ministero della salute spiegava che “dall’esame della documentazione prodotta […] sono emerse delle criticità sugli standard qualitativi della formazione” erogata dall’Ateneo dei ricorrenti, anche in relazione alla durata del loro percorso, che appariva inferiore ai cinque anni.

Il Ministero lamentava l’assenza di sufficienti riscontri da parte delle Autorità portoghesi e spiegava di aver deciso di disapplicare il sistema del “riconoscimento automatico”, adducendo l’esistenza di un “parere” della Commissione europea del 23 aprile 2015.

In data 13.10.17, veniva inviata una diffida ad adempiere (doc. 2) in cui si spiegava che, secondo la Corte di giustizia, il “riconoscimento automatico” previsto per alcune professioni armonizzate (come quella di odontoiatra), “sarebbe gravemente compromesso se gli Stati membri potessero mettere in discussione, a loro piacimento, la fondatezza della decisione del competente istituto di un altro Stato membro di rilasciare il diploma” (Corte di giustizia, sentenza 19 giugno 2003, causa C-110/01,Tennah-Durez, par. 75).

Nella diffida si spiegava che le Autorità dello Stato membro di stabilimento, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia, sono vincolate dal certificato di conformità alla direttiva o dalla conferma di validità del percorso del professionista europeo, salvo il diritto – sussistendone i presupposti – di chiedere la revoca del certificato medesimo allo Stato membro di origine, che avrà l’onere di valutare il da farsi (Corte di giustizia, sentenza 19 giugno 2003, causa C-110/01, Tennah-Durez, par. 79-80).

Nella diffida si ricordava anche che lo Stato membro di stabilimento, secondo il costante orientamento della Corte di giustizia, non può agire in autotutela negando il riconoscimento del titolo in maniera “unilaterale”, perché è privo di “giurisdizione” sui titoli europei. In casi delle genere, lo Stato membro di stabilimento può solo rivolgersi alla Autorità giudiziaria dello Stato membro d’origine oppure avviare un procedimento dinnanzi la Corte di giustizia ex art. 259 TFUE (v. sentenza del 27 aprile 2017, causa C-620/15, A-Rosa, par. 46).

In data 27.10.17 il Ministero della salute riscontrava la diffida, ribadendo la propria intenzione di non applicare il meccanismo del “riconoscimento automatico”, contestando la bontà delle risposte fornite dal Portogallo (doc. 3).

All’odierna udienza, dopo discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato.

La sezione richiama infatti il proprio precedente n.1082/2019, il quale merita di essere confermato:

“… Si ritengono, infatti, in primo luogo meritevoli di favorevole apprezzamento le censure svolte nell’ambito dei primi due motivi di ricorso, che, in quanto vertenti su questioni connesse, possono essere esaminati congiuntamente.

Occorre, innanzitutto, sinteticamente evidenziare che la Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2005/36, recepita in Italia con il D. Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, recante la disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali, dispone:

- all'articolo 21, paragrafo 1, che “ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione di medico, che danno accesso alle attività professionali di medico con formazione di base e di medico specialista, di infermiere responsabile dell'assistenza generale, di dentista, di dentista specialista, di veterinario, di farmacista e di architetto, di cui all'allegato V e rispettivamente ai punti 5.1.1, 5.1.2, 5.2.2, 5.3.2, 5.3.3, 5.4.2, 5.6.2 e 5.7.1, conformi alle condizioni minime di formazione di cui rispettivamente agli articoli 24, 25, 31, 34, 35, 38, 44 e 46, e attribuisce loro, ai fini dell'accesso alle attività professionali e del loro esercizio, gli stessi effetti sul suo territorio che hanno i titoli di formazione che esso rilascia”;

 - all’articolo 34, paragrafo 2, che “la formazione di dentista di base è di almeno cinque anni di studio complessivi come minimo, che possono essere espressi in aggiunta anche in crediti ECTS equivalenti, e consiste in almeno 5.000 ore di insegnamento teorico e pratico a tempo pieno, comprendente quanto meno il programma di cui all'allegato V, punto 5.3.1 e che è dispensato presso un’università, un istituto superiore di livello riconosciuto come equivalente o comunque sotto il controllo di un ateneo”.

Nell'allegato V, punto 5.3.2, della Direttiva, figura l'elenco dei titoli nazionali di formazione di base di dentista coperti dal sistema di riconoscimento automatico.

L’art. 10 della Direttiva in argomento, disciplinante il regime generale di riconoscimento delle qualifiche professionali trova, invece, applicazione “a tutte le professioni non coperte dai capi II e III del presente titolo e nei seguenti casi in cui i richiedenti, per una ragione specifica ed eccezionale, non soddisfano le condizioni previste in detti capi…”.

Come affermato anche dalla Commissione Europea nell’ambito del parere reso il 21 dicembre 2018 relativamente alla vicenda oggetto del presente giudizio, il regime da ultimo citato può trovare applicazione non solo alle professioni non rientranti nel regime di riconoscimento automatico, ma anche a quelle ivi incluse qualora “per alcune ragioni particolari ed eccezionali il richiedente non soddisfi le condizioni per poterne beneficiare”.

Resta peraltro ferma, a norma dell'articolo 50, paragrafo 1, della Direttiva, la facoltà delle autorità competenti degli Stati membri, quando deliberano su una richiesta di riconoscimento di una qualifica professionale, di chiedere i documenti e i certificati di cui all'allegato VII della Direttiva.

Lo Stato membro ospitante può pertanto richiedere, oltre al titolo di formazione, la presentazione di un cosiddetto certificato di conformità, nel quale l'autorità competente dello Stato membro in cui la qualifica è stata conseguita (il Portogallo nel caso di specie) attesta che la formazione particolare del professionista soddisfa i requisiti minimi di formazione armonizzati di cui alla Direttiva e che può quindi essere coperta dal regime di riconoscimento automatico.

Inoltre, in caso di “dubbio fondato”, come previsto all'articolo 50, paragrafo 2, della Direttiva, lo Stato membro ospitante può richiedere alle autorità competenti dello Stato membro in cui il titolo è Stato conseguito una conferma dell'autenticità dei titoli di formazione nonché, eventualmente, la conferma del fatto che il beneficiario soddisfa, nel caso dei dentisti, le condizioni minime di formazione di cui all'articolo 34.

Infine, l’art. 61 della Direttiva, a seguito delle modifiche intervenute a seguito della Direttiva UE del Parlamento e del Consiglio 20 novembre 2013, n. 55 prevede che “Se uno Stato membro incontra forti difficoltà nell'applicare una disposizione della presente Direttiva, la Commissione esamina tali difficoltà insieme allo Stato membro interessato. Eventualmente la Commissione adotta un atto di esecuzione per permettere allo Stato membro interessato di derogare, per un certo periodo, all'applicazione della norma in questione.”

8.2. Nel caso in esame il Ministero della Salute, ricevuta l’istanza di riconoscimento da parte dell’odierno ricorrente, in applicazione dell’art. 50 della Direttiva citata ha chiesto tramite il sistema comunitario IMI (International Market Information System) dapprima all’Ordem dos Medicos Dentistas con sede a Porto, e successivamente anche all’Istituto universitario emittente il titolo accademico oggetto di riconoscimento (Istituto Univesitario de Censias da Saude - CESPU), chiarimenti in ordine alla durata del corso di studi.

Come esposto al superiore punto 1.1. sia l’Ordine professionale che l’Istituto di formazione universitaria hanno fornito compiuta risposta alla richiesta, esponendo il primo che il sig. [OMISSIS] è registrato all'Associazione dei dentisti portoghesi come dentista (“as dentist”) e che “in base alla Decisione delegata (Ue) 2016/790 del 13 gennaio 2016 della Commissione, che ha emendato l'allegato V alla Direttiva 2005/36/EC ... il titolo “Mestrado Integrado em Medicina Dentaria” è Stato aggiunto alla lista dell'allegato V ... per quanto riguarda il Portogallo”; ancora, che: “in base alla legislazione portoghese il titolo “Mestrado Integrado em Medicina Dentaria” conseguito presso l'Istituto Universitario de Ciencas da Saude (CESPU) permette automaticamente l'iscrizione all'Ordine dei medici dentisti”; il secondo ha, invece, fornito specificazioni sul corso di studi seguito dal ricorrente e sulle modalità di riconoscimento di crediti derivanti da precedente formazione universitaria.

Ciò nonostante il Ministero, dopo un supplemento di istruttoria condotto per via diplomatica, ha con il provvedimento impugnato disposto di procedere ai sensi dell’art. 10 della Direttiva, negando sostanzialmente il riconoscimento automatico invocato dal ricorrente.

8.3. Reputa la Sezione che tale provvedimento si ponga in contrasto con le indicate disposizioni della Direttiva e del Decreto Legislativo di recepimento.

La Corte di Giustizia, nella recente sentenza del 6 dicembre 2018, in C-675/17 – resa peraltro in esito a rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE disposto dalla III Sezione del Consiglio di Stato (Ord. n. 5249/2017) - richiamando il proprio precedente del 19 giugno 2003, Tennah-Durez, C-110/01, EU:C:2003:357, ha espresso principi di carattere generale in merito alla interpretazione della Direttiva in argomento affermando, ai punti 34 e seguenti, che:

- “la responsabilità di provvedere a che i requisiti di formazione, tanto qualitativi quanto quantitativi, stabiliti dalla Direttiva 2005/36, siano pienamente osservati ricade integralmente sull’autorità competente dello Stato membro che rilascia il titolo di formazione”;

-“quest’ultima deve esercitare le proprie competenze tenendo conto del fatto che i titoli di formazione consentiranno ai loro titolari di circolare e di praticare la professione in tutti gli Stati membri dell'Unione europea, in forza del riconoscimento automatico e incondizionato di detti titoli ….che si basa, come ricordato al punto 31 della presente sentenza, sulla reciproca fiducia degli Stati membri quanto al carattere sufficiente dei titoli di formazione rilasciati dagli altri Stati membri”;

- “a tale riguardo si può rilevare che un sistema di riconoscimento automatico e incondizionato dei titoli di formazione quale quello previsto dall'articolo 21 della Direttiva 2005/36 sarebbe gravemente compromesso se gli Stati membri potessero mettere in discussione, a loro piacimento, la fondatezza della decisione dell'autorità competente di un altro Stato membro di rilasciare il suddetto titolo”.

Va, inoltre, evidenziato che anche la Commissione Europea, nel parere richiesto in merito alla vicenda oggetto del presente giudizio, ha affermato che l’articolo 50, paragrafo 2, può trovare applicazione soltanto in circostanze eccezionali in singoli casi poiché, in caso contrario, ciò pregiudicherebbe il principio del riconoscimento automatico sancito dalla Direttiva 2005/36/CE e che “qualora le autorità italiane competenti abbiano ancora dubbi in merito alla possibile esistenza di un problema di carattere generale relativo alla formazione in odontoiatria presso uno specifico istituto di formazione in Portogallo, sono necessari ulteriori chiarimenti ed elementi di prova al fine di spiegare nel dettaglio i motivi per cui ritengono che l'istruzione impartita da o sotto la supervisione dell'università portoghese non sia compatibile con la Direttiva 2005/36/CE”.

8.4. Reputa il Collegio che le motivazioni addotte dal Ministero resistente a sostegno della decisione di procedere con il regime generale di riconoscimento, alla luce del recente pronunciamento della Corte di Giustizia e di quanto affermato dalla Commissione Europea, non evidenzino la sussistenza di quelle “circostanze eccezionali” richieste dalla normativa eurounitaria affinché uno Stato membro possa sottrarsi all’obbligo di riconoscimento automatico ed, anzi, configurino proprio la messa in discussione del titolo rilasciata da un altro Stato membro stigmatizzata dalle istituzioni comunitarie nelle pronunce sopra citate.

Nella sentenza “Preindl” del 2018, richiamata al punto 8.3. che precede, la Corte UE ha, infatti, chiaramente evidenziato che la responsabilità di provvedere a che i requisiti di formazione, tanto qualitativi quanto quantitativi, stabiliti dalla Direttiva 2005/36, siano pienamente osservati ricade integralmente sull'autorità competente dello Stato membro che rilascia il titolo di formazione e che l’intero sistema di riconoscimento oggetto della stessa sarebbe compromesso se ciascuno Stato potesse dubitare della bontà del percorso accademico seguito in altro Stato.

La decisione in argomento ha ulteriormente fatto presente, al punto 31, richiamando il proprio precedente del 19 giugno 2003, Tennah-Durez, C-110/01, EU:C:2003:357, punto 30, che “il riconoscimento dei titoli di formazione, tra cui in particolare il titolo di medico con formazione di base e il titolo di dentista, è automatico e incondizionato nel senso che obbliga gli Stati membri a riconoscere l'equipollenza dei titoli di formazione di cui alla Direttiva 2005/36, senza facoltà di esigere dagli interessati il rispetto di condizioni ulteriori rispetto a quelle stabilite da detta Direttiva. Siffatto riconoscimento si basa sulla reciproca fiducia degli Stati membri quanto al carattere sufficiente dei titoli di formazione rilasciati dagli altri Stati membri, e tale fiducia si basa su un sistema di formazione il cui livello è Stato fissato di comune accordo.”

8.4.1. Ricevute le conferme richieste ai sensi dell’art. 50 della Direttiva da parte delle autorità dello Stato che ha rilasciato il titolo, il Ministero della Salute non poteva, dunque, procedere all’applicazione del regime generale, non avendo peraltro evidenziato la sussistenza di ragioni eccezionali che impedissero il riconoscimento automatico del titolo di Odontoiatra stabilito dagli art. 21 e 34 della più volte menzionata Direttiva.

8.4.2. In proposito non possono, infatti, ritenersi rilevanti le perplessità nutrite dall’Amministrazione in merito alla durata del corso di studi seguito dal [OMISSIS], considerato che l’Istituto portoghese ha chiaramente attestato, ai sensi dell’art. 50 della Direttiva (si veda il doc. 17 prodotto dal ricorrente), che l’accreditamento di una precedente formazione è avvenuto in applicazione “della legislazione dell’istruzione superiore portoghese, che permette il riconoscimento tramite l'attribuzione di crediti” e sono state indicate le modalità di accreditamento in base alle previsioni della legislazione portoghese sull'istruzione superiore (cioè di rango universitario), e segnatamente del Decreto legge 74/2006 del 24/3/2006.

8.4.3. Il Ministero convenuto ha, peraltro, acquisito anche le comunicazioni dell'Ordine dei dentisti portoghese (inerente tutti i laureati CESPU richiedenti il riconoscimento del titolo) con cui è stata ribadita l'applicabilità, nelle fattispecie in questione, del sistema di riconoscimento automatico del titolo conseguito e dichiarato che la formazione ricevuta soddisfa tutti i requisiti previsti dalla legislazione portoghese per la medicina dentaria (doc. 19 di parte ricorrente), nonché attestata l'iscrizione del sig. [OMISSIS] all'Ordine medesimo e la conformità del titolo dallo stesso conseguito presso il CESPU ai requisiti stabiliti dall'art. 34 ed al paragrafo 5.3.2 dell'allegato V della Direttiva (doc. 20).

8.4.4. A tale proposito, peraltro, il ricorrente - senza contestazione alcuna da parte dell’Amministrazione resistente, con conseguente applicazione dell’art. 64 comma II del cod. proc. amm. - ha evidenziato che la contrazione della durata effettiva del corso da cinque a quattro anni è sostanzialmente da imputarsi al numero di esami a lui riconosciuti per la precedente laurea in Igiene Dentale presso l'Università di Padova (complessivamente di dieci esami: due del primo anno, cinque del secondo, tre del terzo).

Sul punto va ribadito che le modalità di rilascio del titolo da parte di altro Stato membro dell’Unione, come chiaramente evidenziato dalla Corte di Giustizia, non possono essere messe in discussione dallo Stato al quale viene chiesto il riconoscimento, posto che l’intero sistema della Direttiva 2005/36 si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri.

8.5. Peraltro il Ministero non ha attivato il procedimento di deroga di cui all’art. 61 della più volte citata Direttiva limitandosi piuttosto, nonostante il ricevimento, come detto, delle informazioni richieste ex art. 50 della stessa, a fare dichiarata applicazione di un parere emanato dalla Commissione Europea nel 2015.

Tuttavia - come evidenziato dal ricorrente nell’ambito del secondo motivo – le conclusioni di tale parere (il quale era stato, invece, richiesto ai sensi del citato art. 61) non sono state compiutamente applicate al caso oggetto del presente giudizio posto che, in disparte le peculiarità del caso e del procedimento seguito, la Commissione aveva ivi espresso chiaramente l’avviso che laddove le autorità dello Stato emittente il titolo abbiano esplicitamente confermato la corrispondenza della formazione con i requisiti minimi armonizzati, le autorità competenti italiane devono considerare automaticamente il riconoscimento delle qualifiche professionali, come stabilito all'articolo 21, paragrafo 1, della Direttiva.

Inoltre, e per altro verso, è rilevante il fatto che nel caso oggetto del parere in parola la Commissione non avesse comunque concesso la richiesta deroga, esprimendo l’avviso secondo cui la Direttiva contenesse di per sé sufficienti strumenti di tutela per lo Stato membro.

8.6. Parimenti fondato e meritevole di accoglimento deve ritenersi il motivo di ricorso con il quale viene dedotta disparità di trattamento tra il ricorrente e diversi soggetti che, acquisito il diploma di laurea nell’anno antecedente presso il medesimo Istituto universitario, hanno, a differenza del ricorrente, ottenuto dall’intimato Ministero il riconoscimento automatico del titolo ai sensi della più volte citata Direttiva e del relativo decreto di recepimento.

Parte ricorrente ha, infatti, documentalmente provato la circostanza dell’analogia, e in alcuni casi dell’identità, del piano di studi seguito rispetto a quello dei beneficiari del riconoscimento automatico, mentre il Ministero non ha evidenziato, né nel provvedimento e nemmeno nell’ambito della pur ampia istruttoria svolta nell’ambito del presente giudizio, la sussistenza di ragioni oggettive poste a fondamento dei differenti esiti procedimentali, con conseguente configurazione della dedotta fattispecie di eccesso di potere.”( in termini sentenza della sezione cit.)

Le ridette considerazioni si attagliano perfettamente al caso in esame e conducono all’accoglimento del gravame avverso il provvedimento con il quale il Ministero della Salute ha negato il riconoscimento automatico del titolo di Odontoiatra conseguito dai ricorrenti in Portogallo, con conseguente caducazione di quest’ultimo.

Le spese del giudizio possono essere compensate, attesa la novità della questione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti di diniego impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Savoia, Presidente, Estensore

Pierina Biancofiore, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere



IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Riccardo Savoia

IL SEGRETARIO

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