Le Sezione Unite, con l'ordinanza n. 15744 del 2019 si occupano nuovamente dell’eccesso di potere giurisdizionale come motivo di ricorso contro le decisioni del Consiglio di Stato. Secondo la Suprema Corte, in estrema sintesi, il ricorso ex art. 111, comma 8, Cost., proponibile contro le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti "per i soli motivi inerenti alla giurisdizione"riguarda solo i presupposti della giurisdizione, e non può riguardare il merito della decisione, neanche nel caso di interpretazione di legge "abnorme o anomala".
I giudici della Suprema Corte (ordinanza 12 giugno 2019, n. 15744, Pres. Tirelli - Est. Scrima), sconfessano l'orientamento che riteneva ammissibile la riforma della sentenze del Consiglio di Stato per motivi inerenti le "forme di tutela":
“Il Collegio non ignora che un orientamento di queste Sezioni Unite ha elaborato un concetto più ampio di giurisdizione, secondo cui sono sindacabili non solo le norme sulla giurisdizione che individuano «i presupposti dell'attribuzione del potere giurisdizionale», ma anche quelle che stabiliscono «le forme di tutela» attraverso cui la giurisdizione si estrinseca, nei casi nei quali la violazione delle stesse comporta un diniego di giustizia, evocandosi, in sostanza il concetto di giurisdizione, c.d. "dinamico" (o "funzionale" o "evolutivo"), secondo cui, in sintesi, risulterebbe sindacabile anche la violazione di legge (sostanziale e/o processuale) in relazione alla giurisdizione, qualora sia conseguenza di un'interpretazione «abnorme o anomala» (Cass. civ., sez. un., 20 maggio 2016, n. 10501), ovvero di uno «stravolgimento» (Cass. civ., sez. un., 17 gennaio 2017, n. 956) delle «norme di riferimento» (di rito o
di merito, Cass. civ., sez. un., 17 gennaio 2017, n. 964; Cass civ., sez. un., 11 maggio 2017, n. 11520), in particolare nel caso di violazione di norme sovranazionali (Cass.
civ., sez. un., 17 gennaio 2017, nn. 956 e 953).
1.4. La Corte costituzionale, con la sentenza del 18 gennaio 2018, n. 6, ha ritenuto non corretta tale estensione della nozione del vizio di giurisdizione ed ha affermato che «l'"eccesso di potere giudiziario", denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, come è sempre stato inteso, sia prima che dopo l'avvento della Costituzione, va riferito [..] alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore, o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonché a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici». Secondo la sentenza della Consulta appena richiamata, la concezione c.d. dinamica o evolutiva della giurisdizione, nella misura in cui riconduce ipotesi di errores in indicando o in procedendo ai motivi inerenti alla giurisdizione e comporta «una più o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso» previsti rispettivamente del settimo e dell'ottavo comma dell'art. 111 Cost., «non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale» e, in una prospettiva di sistema, mette in discussione la scelta di fondo dei costituenti dell'assetto pluralistico delle giurisdizioni. Ad avviso della Corte Costituzionale, il rifiuto di giurisdizione sindacabile è solo quello "in astratto" e giammai "in concreto", pena l'invasione nella nomofilachia del giudice di vertice della giurisdizione speciale, cui solo è rimessa la cognizione degli errores in iudicando o in procedendo. A norma dell'art. 111, ottavo comma, Cost., quale supremo organo regolatore della giurisdizione, la Cassazione può soltanto vincolare il Consiglio di Stato e la Corte dei conti a ritenersi legittimati a decidere la controversia, ma non può vincolarli sotto alcun profilo quanto al contenuto (di merito o di rito) di tale decisione (v. Corte Cost. 12 marzo 2007, n. 77).
Con la pronuncia n. 6 del 2018, la Consulta ha, quindi, affermato che l'«eccesso di potere giudiziario», denunziabile con il ricorso in Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, «va riferito ... alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (c.d. invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (c. d. arretramento); nonché a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici». «Il concetto di controllo della giurisdizione, così delineato nei termini puntuali che ad esso sono propri - ha aggiunto la Corte costituzionale -, non ammette soluzioni intermedie come quella ... secondo cui la lettura estensiva dovrebbe essere limitata ai casi in cui si sia in presenza di sentenze «abnormi» o «anomale» ovvero di uno «stravolgimento», a volte definito radicale, delle «norme di riferimento»». Ha infatti precisato il Giudice delle leggi che «attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio è, su piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in
quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive». La Consulta ha, quindi, affermato che, «alla stregua del così precisato ambito di controllo sui «limiti esterni» alla giurisdizione, non è consentita la censura di sentenze con le quali il giudice amministrativo o contabile adotti un'interpretazione di una norma processuale o sostanziale tale da impedire la piena conoscibilità del merito della domanda».
1.5. La sentenza della Corte costituzionale, nella parte sopra richiamata, benché abbia dichiarato inammissibile la questione scrutinata, ha carattere vincolante, dato che detta pronuncia ha identificato gli ambiti dei poteri attribuiti alle differenti giurisdizioni dalla Costituzione, nonché i presupposti ed i limiti del ricorso ex art. 111, ottavo comma, Cost., così decidendo una questione che involge l'interpretazione di norme costituzionali e l'identificazione dei confini tra poteri da queste stabiliti (con riguardo a quelli tra le giurisdizioni contemplate dal parametro), che non può non spettare alla Corte costituzionale, quale interprete ultimo delle norme costituzionali".
L'ordinanza integrale è consultabile a questo link.
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COMMENTO
Con il concetto "ristretto" di giurisdizione, ribadito in questa pronuncia, impugnare le sentenze del Consiglio di Stato presso le Sezioni Unite ai sensi dell'art. 111 Cost. sarà ancora più difficile che in passato. Questo orientamento sembrerebbe applicabile anche al caso ipotetico in cui il Consiglio di Stato decidesse una controversia in palese contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia.
In passato, le Sezioni Unite avevano eccettuato invece il diritto dell'Unione Europea, ipotizzando nel caso di sua violazione la possibilità di proporre ricorso ex art. 111 Cost. (Cassazione, SS.UU., 17 gennaio 2017, n. 956: "2.4.- E’ opportuno precisare che l’ipotesi per cui è causa non rientra nei “casi estremi”, menzionati da alcune sentenze delle sezioni della Cassazione (sezioni unite, n. 14043, n. 14042, n. 11380, n. 10501 e n. 3915 del 2016; n. 2242 del 2015; n. 2403 del 2014; n. 30254 del 2008), in cui un error in iudicando del CdS per contrarietà ad una pronuncia della CGUE, ove idoneo a realizzare “un radicale stravolgimento delle norme europee di riferimento, così come interpretate dalla Corte di giustizia” (sezioni unite n. 11380 del 2016, n. 2242 del 2015 e n. 15428 del 2012), si risolve eccezionalmente in un eccesso giurisdizionale, tale da consentire il ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione. Tali “casi”, infatti, vanno identificati in fattispecie in cui la decisione del CdS contraria alla giurisprudenza unionale preclude, rendendola non effettiva, la difesa giudiziale, con conseguente ingiustificato (anche dal punto di vista costituzionale) vuoto di tutela giurisdizionale per l’indicato “indebito rifiuto di erogare” tale tutela “a cagione di una male intesa autolimitazione, in via generale, dei poteri del giudice speciale” (sezioni unite n. 2403 del 2014, citata), con un “aprioristico diniego di giurisdizione” (sezioni unite n. 771 del 2014). A tal riguardo va ricordato che è norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dell’attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto al potere stabilendo le forme di tutela in cui esso si estrinseca (per tutte, Cass., sezioni unite, n. 2242 del 2015; n. 30254 del 2008)").