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Docenti e sentenze: laurea + 24 Cfu sono abilitanti?

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È possibile, con il solo possesso dei 24 CFU, chiedere l’iscrizione nella prima fascia delle graduatorie provinciali, riservata ai docenti abilitati? Detto in altre parole, i 24 Cfu hanno natura abilitante? Da mesi si rincorrono sul web annunci di sentenze che avrebbero sancito il riconoscimento dei 24 CFU quale titolo abilitante all’insegnamento. A volte accompagnati da toni trionfalistici. Ecco la nostra analisi.

Se fosse così semplice ottenere l’abilitazione con un ricorso al Giudice del Lavoro, avremmo già centinaia di sentenze di accoglimento e il Ministero dell’istruzione sarebbe costretto a modificare le proprie ordinanze, ammettendo praticamente tutti in prima fascia.

In realtà la giurisprudenza maggioritaria oggi nega la natura abilitante dei 24 Cfu, e con ottime ragioni (Trib Roma, 28 marzo 2020 n. 1755; Trib Milano 26 marzo 2020 n. 466; Trib Taranto 25 febbraio 2020, n. 632; Trib. Venezia 14 febbraio 2020 n. 102; Trib. Torino, ordinanza 29 ottobre 2019; Trib. Cassino, ordinanza 29 settembre 2018, ecc. ecc.). I 24 Cfu non sono “abilitanti”, ma semplicemente consentono di partecipare ai concorsi abilitanti.

Cominciamo col dire che il Giudice Amministrativo respinge la natura abilitante dei 24 Cfu. Dopo alcuni precedenti favorevoli del Tar Lazio, l’orientamento è mutato, in senso negativo.

Recentemente è stata citata una sentenza del Consiglio di Stato – la n. 4167 del 2020 – che secondo alcuni avrebbe dichiarato che i 24 Cfu sono abilitanti. Si tratta di una affermazione fuorviante che denota la mancata lettura della sentenza. La sentenza dichiara la cessazione della materia del contendere. Il Giudice, preso atto del superamento del concorso da parte degli appellanti (ammessi con riserva in forza di una ordinanza cautelare del Tar Lazio), ha accertato la carenza di interesse a esaminare l’appello. Il Giudice non si è pronunciato nel merito dei 24 CFU e quindi non è possibile citare la sentenza come precedente favorevole.

Esistono alcune pronunce del Giudice del Lavoro che hanno affermato il principio della sufficienza dei 24 Cfu per l'inserimento nella (ex) seconda fascia (si vedano alcune sentenze di un Giudice del Lavoro del circondario di Firenze), ma come detto l'orientamento maggioritario è negativo. La giustizia non è infallibile. Per cui, anche avendo torto, a volte il ricorrente vince lo stesso una causa... 

Tuttavia, a nostro avviso, è sconsigliato "tentare la sorte" e cominciare un giudizio senza una solida base giuridica, quando la giurisprudenza è prevalentemente contraria. Le possibilità di rigetto superano quelle di accoglimento e questo non dovrebbe essere ignorato, tenendo in conto la possibilità di essere condannati al pagamento delle spese legali.

In allegato, una delle sentenze di rigetto.

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Sentenza n. 599 del 15 luglio 2020 del Giudice del Lavoro di Torino (dot.ssa Roberta Pastore).

[...] Con ricorso depositato il 25/9/2019 [OMISSIS] si è rivolto al tribunale esponendo:
- di aver conseguito la laurea in Filosofia Contemporanea in data [OMISSIS] e i 24 crediti formativi universitari (di seguito, per brevità CFU) in materie psico-antro-pedagogiche in data [OMISSIS];
- di essersi iscritto nella graduatoria di docenti di III fascia della Provincia di Torino, classe di concorso A019, per il triennio 2017/20;
- di ritenere abilitante il predetto diploma di laurea unitamente ai 24 CFU e pertanto, di avere diritto all’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto, destinate ai docenti abilitati per la sua classe di concorso.
Il ricorrente ha convenuto in giudizio il Ministero dell’Istruzione, l’Ufficio Scolastico Regionale e i non meglio indicati docenti iscritti nelle graduatorie di II e III fascia delle graduatorie degli istituti dell’Ambito Territoriale della Provincia di Torino (nei confronti dei quali ha chiesto di essere autorizzato a procedere alla notifica del ricorso ai sensi dell’art. 151 c.p.c. sul sito del Ministero anziché per pubblici proclami) chiedendo al tribunale di
- accertare e dichiarare, anche previa disapplicazione del D.M. n. 374/2017, art. 2 lettera A n. 4 e successivi decreti ministeriali e direttoriali conseguenti, connessi e consequenziali, in quanto illegittimi, il valore abilitante all’insegnamento del diploma di laurea e dei 24 CFU ovvero del solo diploma di laurea;
- ordinare al Ministero convenuto di inserirlo nella seconda fascia ovvero nella seconda fascia aggiuntiva delle graduatorie di istituto del personale docente per la classe di concorso A019 ovvero nelle altre classi ritenute accessibili in corso di causa, nella posizione e secondo il punteggio spettante e maturato.
Si è costituito il Ministero il quale ha chiesto la reiezione delle domande negando il valore abilitante del titolo fatto valere dal ricorrente.

[...]

2. Il ricorrente denuncia l’illegittimità del d.m. 374/2017 e del successivo decreto di aggiornamento delle graduatorie - e ne chiede la disapplicazione - nella parte in cui non consentono l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto dei laureati in possesso dei 24 CFU in settori formativi psicoantropo-pedagogici e nelle metodologie didattiche, limitando l’accesso a docenti muniti del titolo di abilitazione all’insegnamento.
In particolare, la parte attrice sostiene
- che in conformità alla legge delega, il d.lgs. 59/2017 avrebbe equiparato, come titolo di accesso ai concorsi per il reclutamento docenti, l’abilitazione al conseguimento dei 24 CFU;
- che tali crediti sarebbero pertanto in via generale equivalenti all’abilitazione ai fini dell’accesso a qualunque procedura concorsuale e dovrebbero quindi consentire titolo valido anche per l’inserimento nelle graduatorie di seconda fascia, al pari dell’abilitazione;

[...]

3. Tali argomentazioni non paiono persuasive.

3.1. Nessuna norma di rango primario o secondario ha disposto espressamente l’equiparazione del diploma di laurea con 24 CFU al titolo di abilitazione all’insegnamento. La norma che secondo il ricorrente equiparerebbe – implicitamente – il possesso dei 24 CFU all’abilitazione o, addirittura, eliminerebbe tale requisito, è l’articolo 5 d.lgs 59/2017, che, dopo le modifiche introdotte dalla legge 145/2018 (che ha soppresso le parole indicate in neretto), così recita: “Costituisce titolo di accesso al concorso relativamente ai posti di docente di cui all'articolo 3, comma 4, lettera a), [il possesso di abilitazione specifica sulla classe di concorso oppure] il possesso congiunto di: a) laurea magistrale o a ciclo unico, oppure diploma di II livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso; b) 24 crediti formativi universitari o accademici, di seguito denominati CFU/CFA, acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell'inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche…”. Come si vede, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte ricorrente, tale norma non prevede in via generale l’equiparazione all’abilitazione dei titoli indicati sub a) e b), posto che (1) si limita ad individuare i requisiti necessari per la partecipazione al concorso; (2) non si riferisce a tutte le procedure concorsuali ma solo a quelle di cui al precedente articolo 3, comma 4, lettera a), e cioè al concorso per l’assunzione su “posti relativi alle classi di concorso per la scuola secondaria”. La congiunzione “oppure”, usata nel testo originario (in vigore sino all’1.1.2019), smentisce la tesi della parte attrice secondo la quale il legislatore avrebbe previsto che nel più ampio genere dei titoli abilitanti fossero da ricomprendersi anche i CFU a corredo della laurea magistrale, e dimostra invece l’intenzione di differenziare nettamente i due requisiti, rendendoli alternativi, disponendo cioè che entrambi potessero esser validamente spesi per l’accesso a quello specifico concorso, per quello specifico ordine di scuola.

3.2. - Questa interpretazione dell’art. 5 non si pone in contrasto con la legge delega (l. 107/2015, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”), la quale - per quanto qui d’interesse - così recita: “A decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 114, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono accedere alle procedure concorsuali per titoli ed esami, di cui all'articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dal comma 113 del presente articolo, esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento…” (art. 1 comma 110). Tale norma, infatti, si limita a prevedere la necessità dell’abilitazione per partecipare ai concorsi pubblici senza innovare alcunché in merito ai singoli titoli abilitanti, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso.

[...]

3.6. – Si deve poi osservare che le modalità di accesso ai ruoli dei docenti, introdotte dal d.lgs. 59/2017 non confortano la tesi del ricorrente.
Il legislatore ha delineato un complesso sistema, originariamente suddiviso in più fasi:
- un concorso pubblico nazionale, indetto su base regionale o interregionale;
- un successivo percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (c.d. FIT), diversificato tra posti comuni e posti di sostegno e destinato ai soggetti vincitori del concorso di cui prima, così articolato: un primo anno finalizzato al conseguimento del diploma di specializzazione, per l'insegnamento nella scuola secondaria o in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica; un secondo anno di formazione, tirocinio e primo inserimento nella funzione docente; un terzo anno di formazione, tirocinio, e inserimento nella funzione docente;
- una procedura di accesso ai ruoli a tempo indeterminato, previo superamento delle valutazioni intermedie e finali del percorso FIT.
E’ vero che queste modalità per acquisire la predetta specializzazione e, successivamente, l’immissione in ruolo hanno sostituito la precedente abilitazione all’insegnamento. Tuttavia si deve osservare che il legislatore delegato non si è limitato ad operare una mera sostituzione ma ha delineato un “percorso verticale unitario” – così definito dall’art. 1, comma 3, dello stesso decreto - finalizzato non solo a rafforzare le competenze culturali e professionali dei futuri docenti e la loro capacità di svolgere i propri compiti ma anche a consentire la verifica dell’avvenuto raggiungimento di tali obiettivi attraverso una valutazione finale, condizione necessaria per l’accesso al ruolo.
Non appare quindi per nulla convincente l’assunto del ricorrente (anche se accreditato da alcuni precedenti di merito, prodotti in atti), secondo il quale il requisito dell’abilitazione specifica sarebbe stato sostituito dalla laurea corredata con i CFU, non potendosi <<“appiattire” questo articolato percorso sul possesso dei 24 CFU>>” (così tribunale Cassino ordinanza 29.9.2018, tribunale Torino ordinanza 29.10.2019).

3.7. Quanto infine al denunciato contrasto “con le indicazioni comunitarie” delle norme che richiedono l’abilitazione all’insegnamento quale requisito di accesso alle graduatorie di II fascia, si deve osservare che la direttiva 2005/36/CE richiamata (in termini invero assai generici) dal ricorrente non ha escluso che gli Stati membri possano subordinare l’accesso a una professione regolamentata al possesso di determinate qualifiche professionali […]

4. Per tutte le ragioni dianzi indicate può ritenersi che nell’ordinamento scolastico non sia venuta meno la differenza il titolo di studio (che consente di accedere all’insegnamento solo per supplenze brevi e saltuarie, previo inserimento nelle graduatorie di III fascia) e l’abilitazione all’insegnamento necessaria ai fini dell’inserimento nelle graduatorie di II fascia (che consente di ottenere incarichi di supplenza a tempo determinato nonché la partecipazione ai concorsi per titoli ed esami dalle cui graduatorie di merito si attinge annualmente per l’immissione in ruolo a tempo indeterminato). L’esistenza di pronunce di merito di segno contrario giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Visto l’art. 429 c.p.c., respinge le domande del ricorrente, compensa le spese di lite”.

 

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