Tra gli effetti economici negativi derivanti dai decreti che tentano di delimitare l’espandersi della pandemia oggi in corso, quelli sulla locazione e sulla redditività degli immobili commerciali sono tra i più evidenti.
Infatti, ai locatori, sui quali spesso gravano mutui (non sospesi dai decreti del Governo in quanto avente carattere commerciale) e il cui mancato pagamento delle rate comporterebbe un grave danno, si contrappongono i conduttori, su cui gravano i costi di locazione, nonostante la gran parte delle attività economiche sia chiusa, e che quindi chiedono la rinegoziazione dei canoni di locazione e/o la loro sospensione.
Ora, a prescindere dalle questioni giuridiche sottostanti, che sicuramente faranno tornare all’uso di istituti raramente utilizzati nei contenziosi ordinari, è evidente che in una situazione così anomala e grave, non possa che farsi ricorso alla ragionevolezza ed evitare, ove possibile, il contenzioso.
Ciò premesso si rileva che, se nel caso delle locazioni pluriennali, tra le parti si troverà certamente una via stragiudiziale di composizione della crisi (tenuto conto anche del vantaggio fiscale speciale riconosciuto sui canoni locativi), nel caso dei contratti di locazione stagionale, la questione è certamente più complessa, e si presta meno ad una composizione amichevole, atteso che l’impatto economico negativo potrebbe gravare, a seconda dei casi, o solo sul locatore o solo sul conduttore. Infatti, con la stagione estiva ormai alle porte, è evidente che le attività legate al turismo segneranno un trend negativo, sicché sono molti gli esercenti ormai decisi a non aprire la propria attività.
In questo contesto emerge il problema relativo ai contratti di locazione ad uso non abitativo, e specificamente a quelli stagionali, poiché molti esercenti, onde diminuire le perdite chiedono la riduzione dei canoni o addirittura la risoluzione del contratto, mentre i locatori vorrebbero mantenere i contratti alle stesse condizioni pattuite originariamente, fondando le loro ragioni soprattutto sull’incertezza delle perdite nel comparto turistico.
Orbene, al netto del diritto di recesso previsto dalla l. 392/78, che pare percorribile solo per i contratti non stagionali e per quelle attività che non intendono rientrare nel mercato, è prospettabile l’utilizzo del disposto dell’art. 1467 c.c. sull’eccessiva onerosità sopravvenuta che recita: “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458 c.c. (…) La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto. In questo caso, tenuto conto del contratto stagionale e del suo costo, e tenuto conto del fatto che gli utili derivanti dall’attività non coprirebbero i costi di gestione dell’attività (ivi compresi i canoni di locazione), il conduttore potrebbe chiedere l’immediata risoluzione del contratto (senza applicazione del termine di preavviso), ed ove il locatore volesse mantenere attivo il contratto, potrebbe farlo solo riducendo il canone.
A questo strumento giuridico si aggiunge quello (marginale) previsto dall’art. 1256 c.c. (Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea) che prevede che il debitore che sia nella impossibilità temporanea di adempiere la propria obbligazione, per fatto a lui non imputabile (quali le disposizioni governative per il contenimento della diffusione del coronavirus che vietano l’esercizio ai alcune attività commerciali) non sia responsabile per il ritardo nell’adempimento, fin quando la situazione di impossibilità perduri. In pratica, in questo caso siamo di fronte alla possibilità, per il conduttore, di posticipare, senza conseguenza alcuna, il pagamento dei canoni.
Infine si tenga conto che l’art. 91 del d.l. 18/2020, proprio in considerazione della grave situazione sanitaria esistente ha previsto che, ove l’inadempimento degli obblighi contrattuali derivi dal rispetto delle norme sul contenimento del Covid19, tale inadempimento va valutato in relazione alla configurabilità della responsabilità del debitore e del diritto del creditore al risarcimento del danno.
Avv. Irma Lo Iacono
Avv. Massimo Sidoti